Un altro investigatore italiano: Italo Agrò, giovane sostituto procuratore della Repubblica a Roma. Siciliano doc, fine dicitore di versi di Quasimodo. Il romanzo si intitola appunto "Agrò e la scomparsa di Omber" e l'autore é un magistrato, Domenico Cacopardo, quasi a suggerire che la fantasia non manchi nelle file della nostra magistratura. L'editore é Marsilio (che ha in scuderia Renato Brunetta) e il prezzo di copertina é fissato in € 18,00, sufficientemente elevato da permettere uno sconto del 25%.
La storia prende avvio dal precedente romanzo e semina indizi a tutto campo: riciclaggio di danaro, mafia, prostituzione e pedofilia. Il sostituto opera secondo precisi criteri fondati sulla razionalità pura e si affida ad un calepino (Filofax, of course) su cui annota fatti e riflessioni. Quando poi non ci capisce più nulla, si sdraia per terra e si abbandona a viaggi cosmici per recuperare una visione d'insieme. In questo modo risolve questo caso, con una intuizione che lascia stupiti colleghi e collaboratori. Anche il lettore rimane a bocca aperta, non tanto perché l'autore si affretta a sbrogliare l'ingarbugliata matassa in poche pagine e rivela il nome dell'assassino (non é così difficile arrivarci una cinquantina di pagine prima) quanto per l'improbabilità romanzesca dell'intuizione stessa. Così come improbabile appare la figura di buon padre di famiglia cucita addosso al procuratore della Repubblica, tale Mantovani, che adotta l'Agrò e arriva a dotarlo di cellulare di stato. Che ne è del porto delle nebbie?
Per avere notizie sulla vita personale dell’improbabile sostituto, chiedete a Roberta.
Infine, una possibile anticipazione sulle avventure di Italo Agrò: in un bar della sua Sicilia uno sconosciuto lo avverte che il suo mestiere è pericoloso. Scommettiamo che la prossima improbabile avventura sarà “Agrò e Cosa nostra”?