domenica 28 febbraio 2010

Ultimo giorno

Ieri mattina, mentre a passo svelto raggiungevo Mother House per la S. Messa mi ha sorpreso constatare che era l’ultima volta. Nessun rimpianto ma una sensazione di serenità, profonda e matura. E un impegno: portare con me i tanti doni che ho ricevuto in questi giorni, mantenerli vivi e farli fruttificare. Questo convincimento si è rafforzato durante l’Adorazione della sera. Bellissimo il saluto di sister Kefra che mi ha atteso all’uscita per salutarmi. “Ho pregato per te e la tua famiglia sulla tomba della Madre. Ricordami nelle tue preghiere”. Come dimenticare?


L’ultima mattina a Nirmal Hriday è iniziata normalmente, con il giro delle medicazioni. Poi la S. Messa, che è sempre un po’ speciale qui insieme con i più poveri fra i poveri. Ma questa volta è stata davvero speciale perché la mia partenza è stata ricordata nelle preghiere dei fedeli e poi quella birba di sister Anila mi ha invitato a leggere la seconda lettura che si conclude così: “Rimanete saldi nel Signore”. Quale migliore auspicio?

Questa volta non sono uscito alla chetichella e ho salutato tutti quasi uno ad uno. Tutti tranne Jodu che se la dormiva alla grande.

Nessuna fuga perché li porto via con me.


NirmalHriday-2

Ultimi ristoranti

Blue & Beyond

Si trova proprio di fronte al New Market al nono piano di un albergo. Per arrivarci si prende un ascensore e per farti piacere l’addetto ti spara addosso un ventilatore giusto 20 centimetri sopra la testa. E tu, che avresti preferito soffocare, speri solo che il viaggio sia breve. All’ingresso ti attende una folta schiera di camerieri. Si può mangiare al coperto ma la vera attrazione è la terrazza dalla quale puoi gustare il panorama del centro di Calcutta con le sue deboli luci offuscate dall’umido e dallo smog. E’ molto frequentato da turisti e da indiani di buona famiglia desiderosi di gustarsi una birra con le patatine o un long drink. Nel 2008 ci venivo abbastanza spesso. Venerdì sera l’ho trovato globalmente peggiorato sia come qualità del cibo (le patate fritte sapevano di olio stantio e il riso fritto con vegetali non sapeva di nulla) che come prezzi: birra a 120 rupie e soprattutto le patatine quotate a 140 rupie a fronte di un costo massimo di 60 in un altro ristorante. Perché non pensare ad una alternativa?


Mocambo

Non si balla in questo serio e lussuoso ristorante in zona Park Street. Camerieri in divisa indiana e maître attento e preciso. Si mangia molto bene. Il mutton biryani era stupendo, saporito ma non offensivo per le papille gustative e la carne di montone (o capra che sia) era saporita e tenera. Il piatto tipico del ristorante sono vegetali con eventuale aggiunta di pollo che vengono serviti su una pietra bollente. Si bevono alcolici e il costo varia dalle 300 alle 400 rupie a testa, includendo la coppa Mocambo: gelato alla crema e frutta.

E’ sempre pieno di avventori. Si può prenotare solo per le 19.30: poi si fa la fila.

Mocambo

giovedì 25 febbraio 2010

Mercato della frutta

E’ veramente caldo e soprattutto è umido. I vestiti ti si attaccano addosso e non asciuga niente. Essendo solo alla fine dell’inverno posso solo immaginare cosa succederà nei prossimi mesi (la massima in estate è di 41°C e la minima di 38°C!) e poi scappare.

Questa mattina ho visitato il mercato della frutta. Ci si arriva con la metropolitana (fermata Mahatma Gandhi) e facilmente si entra in un mondo del tutto particolare, a cominciare dai grossi camion che trasportano la frutta. Le banane sono belle verde sotto le foglie; le papaie vengono avvolte una ad una in fogli di giornale mentre i melograni sono protetti da ritagli di carta. Le arance sono immerse nelle paglia e maturano durante il viaggio; una volte scaricate dai camion vengono selezionate (quelle marce finiscono sotto i camion) e suddivise per pezzatura prima di essere vendute ai dettaglianti. L’ambiente è pulito ed è piacevole assaporare le diverse fragranze. La gente è molto cordiale. Ti offrono chai (rifiutare è necessario quanto imbarazzante), arance e tutti (dico proprio tutti) vogliono farsi fotografare e ci rimangono male se non acconsenti. Qualcuno addirittura, dopo aver controllato la qualità dello scatto sul monitor della macchina fotografica, ti da il biglietto da visita e ti chiede di spedirgli le stampe.

 

Market fruit

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martedì 23 febbraio 2010

Ultima settimana

Per iniziare in modo banalmente vero: è già martedì sera. Come spesso accade l’ultima settimana ha preso a correre. Ieri mi sono trasferito in camera singola e, a parte una guerra chimica con le blatte, tutto sta andando bene come alloggio.

A Nirmal Hriday il tempo corre e mi sto preparando per i saluti. Ormai penso di aver maturato una certa scorza e soprattutto la consapevolezza che se è vero che il bisogno è continuo è altrettanto vero che c’è sempre qualcuno che offre il proprio aiuto, con amore e generosità.

Le riflessioni incominciano ad accavallarsi e sarà stimolante, bello dipanarle e coltivarle a casa affinché i germi di bene che sono stati seminati possano crescere e, chissà, maturare. In questo momento posso solo ringraziare per il privilegio che mi è stato dato di essere qui per la terza volta.

Food King

Proseguendo (anzi, scendendo) nella carrellata di luoghi dove mangiare ecco Food King in Rippon Street. Consigliato da un americano (c’è da domandarsi quanto sia sensato chiedere ad un americano dove mangiare bene a Calcutta) è un locale frequentato quasi esclusivamente da gente del posto. Quindi siamo ai confini dello street food.


KingFood-2


L'arredamento è semplice: tre tavoli di plastica ciascuno con quattro sedie di plastica. Il primo contatto permette subito di apprezzare il non così sottile strato di polvere storica che riveste tutto il locale. Le ordinazioni si fanno in inglese direttamente al padrone che poi le urla in bengali al cuoco, che opera proprio dietro la vetrina affinché nulla sia nascosto agli occhi dell’avventore. I camerieri sono rapidi e accurati. Addirittura puliscono con le dita la forchetta prima di porgerla al cliente. Specialità: double chicken roll, pane indiano arrotolato intorno ad una doppia dose di una mistura bollente di vegetali e triturato di pollo, con abbondante aggiunta di chily. IL gusto non è male e la bollitura è rassicurante su eventuali sequele gastrointestinali. Altro piatto forte della casa il vegetarian chinese noodle (vedi seconda foto) con eventuale aggiunta di salsa di peperoncino (in alto a destra). Attenzione la Coca-Cola viene servita direttamente nel bicchiere, non c’è traccia di bottiglia e non sono riuscito a capire dove la vadano a prendere.


KingFood-1


Costi contenuti: il double roll è quotato a 38 rupie. Esagerando si mangia con 50-60 rupie.

Il mio amico americano ha gradito molto. Io mi sono limitato al roll pago del brivido di mangiare ai confini della strada!

sabato 20 febbraio 2010

Al mattino

Ecco due immagini davvero mattutine di Calcutta. AJC Bose Road quasi silenziosa alle 5:30 con le luci arancioni che evidenziano lo smog e l’entrata dei volontari in Mother House per la S. Messa delle 6:00. Come dicevo bisogna essere puntuali perché adesso chiudono il portone con il lucchetto e bisogna aspettare la fine della celebrazione per poter entrare.


AJC Bose Road 5.30

Mother House Morning Mass

Penso che sabato prossimo sarà la mia ultima notte calcuttiana. Il tempo, alla fine, scorre sempre troppo velocemente. L'importante è ciò che rimane nel setaccio; come per il cercatore d'oro mi auguro di trovare una pagliuzza dorata. Fin da oggi posso dire che questo terzo viaggio è una esperienza importante e significativa. Ma è presto e non è il caso di affrettare le conclusioni. Rimangono altri giorni da scoprire.

venerdì 19 febbraio 2010

Due immagini 2

La prima: il dormitorio n. 9, particolare dei tre letti della fila di destra (il mio è l’ultimo a destra con la coperta a righe gialle, verdi e arancioni).


Dormitory


Seconda: una bambina che abita sul marciapiede. La famiglia è composta da tre bambini (lei è quella di mezzo), dalla mamma (simpatica, sempre sorridente), dal padre (si vede alla sera e al mattino presto è già via) e dalla suocera (insopportabile, ti insegue alla ricerca di rupie). Vivono tutti appunto sul marciapiede a fianco dell’ingresso di BMS e quando piove si trasferiscono dalla parte opposta al riparo dell’Hotel Circular (quello del ristorante). Di giorno mendicano in centro, a Park Street.


Little Girl

mercoledì 17 febbraio 2010

Mercoledì delle Ceneri

Ieri sera, poco prima delle 11, è arrivato il temporale con tanto di pioggia scrosciante e tuoni. I due cantanti che mi impedivano di dormire sono stati prontamente zittiti e finalmente mi sono addormentato. Piovigginava anche questa mattina al momento di andare a Mother House per la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri (o Ash Wednesday, come dicono qui). Ha celebrato un anziano sacerdote indiano, noto per le sue omelie “rapide”. Nonostante questo la S. Messa è durata un’ora buona e quindi c’è stato il fuggi fuggi per cercare di recuperare qualche minuto per la colazione (è vero, è giorno di digiuno, ma la colazione con te e pane tostato è ammessa come unico pasto del giorno). Io poi ho dovuto trasferirmi di nuovo al dormitorio per una (giusta) penitenza di 5 notti.



L’immancabile chai del mattino


Dicevo: è la prima volta che vedo Calcutta sotto l’acqua. Sembra ancora più sporca per via del paciugo scivoloso, un misto di fango e polvere nera che si addensa sull’asfalto. L’umidità è al 98% e la sensazione dei vestiti che si appiccicano addosso è davvero peculiare (per essere molto british). In autobus mi si appannavano gli occhiali.

Siccome vedo tutti contenti “perché ha rinfrescato”, non voglio neppure immaginare cosa significhi il caldo vero da Aprile in avanti.

martedì 16 febbraio 2010

In pace

Ieri avevo tentato inutilmente di dargli da mangiare. Al sesto cucchiaio di riso mi aveva allontanato la mano con un gesto deciso, perentorio. Un “Basta” senza appello. Lo avevo lasciato mentre, svogliato, tentava di mandare giù un po’ di latte con il riso soffiato. Questa mattina è entrato in coma. Il sacerdote gli ha dato la benedizione attingendo l’acqua da uno dei bicchieri di metallo che i pazienti usano per bere. Abbiamo accompagnato la sua agonia pregando per lui in lingue diverse ma con una concentrazione profonda, riscaldandogli le mani con le nostre come per opporci all’avanzare del freddo, per mostrargli che uno dei più poveri fra i poveri non era più solo e che il Signore lo stava accogliendo nella gioia pura alla sua presenza e nella pace senza fine alla sua destra. Quando ho lasciato Kalighat ero sereno, in pace.

lunedì 15 febbraio 2010

Forum

Come trascorrere un sabato pomeriggio? Facile rispondere: in un centro commerciale. In ossequio ai costumi occidentali mi hanno portato a visitare il Forum, un centro commerciale di 5 piani, a circa 10 minuti dalla metro di Rabindra Sadan. Sembra di entrare in una piccola Rinascente: all’entrata atmosfera patinata e profumata passando da Dior a Chanel; poi salendo caramelle e cioccolato, vestiario, Nike, Samsonite, orologi Rado, Levi’s e altro fino al quinto piano con le sale cinematografiche, ristorante, panini, bevande, gelati, … via dall’India caotica in un mondo artificiale per indiani ricchi a caccia di regali per San Valentino e turisti inutilmente curiosi. Prezzi elevati, cibo caro e scadente, nulla che valga la pena di ricordare.

Una gita da evitare a meno che non faccia così caldo (oggi c’erano “solo” 31°C) da rendere indispensabile un’ora di refrigerio.


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domenica 14 febbraio 2010

Domenica, 14 Febbraio 2010

Non raramente qualcuno domanda se davvero muoiono i più poveri fra i poveri che sono ricoverati alla Casa dei Moribondi. È una domanda sincera, non necessariamente maliziosa, che ci si può porre osservando con superficialità all’immagine di cinquanta e più persone, sdraiate o sedute sulle solo brande disposte in tre file. Ci si aspetterebbe di vedere tutte persone in bilico fra la vita e la morte e invece la maggior parte di loro tutto sommato sembra stare bene. Insomma, altro che moribondi!

I più poveri fra i poveri vengono raccolti nelle strade e nelle stazioni, abbandonati da tutti. A Kalighat vengono lavati, rasati, vestiti, riscaldati, nutriti, medicati. Erano “morti” per la società e viene ridata loro una dignità.

La morte, quella fisica, è sempre presente. Basta poco. Questa mattina un paziente è spirato dopo aver finito il suo bicchiere di chai. Così, in silenzio. Dopo averlo adagiato nella barella di alluminio e averlo avvolto nel telo, durante il breve tragitto verso la camera mortuaria mi sono domandato chi fosse, quale fosse la sua storia. Non lo so. Un signor Nessuno che domani verrà accompagnato al crematorio comunale per tornare cenere. Dopo pochi minuti la sua branda era già occupata da un altro paziente. Il vuoto fisico era già scomparso cancellando ogni traccia dell’esistenza di un uomo.

Beati voi, che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio”.

venerdì 12 febbraio 2010

Circular Restaurant

Si trova in AJC Bose Road, proprio di fronte a BMS. E così, anche per pigrizia, ho preso l’abitudine di andarci per cena a mangiare il riso biryani vegetale o con il pollo.


Circular


L’ambiente è buio, al limite del depressivo. Il volto del cameriere è amimico e contribuisce a creare un clima "dark" tipo pranzo dagli Addams. La prima volta è meglio andarci in compagnia. Il menù è ampio anche se non sempre tutti i piatti sono disponibili. Come detto il mio piatto preferito è il chicken biryani: due parti di pollo, un uovo sodo e mezza patata lessa seppelliti da riso speziato e soffritto. Ricco, altri locali spesso mettono frattaglie di pollo e ossa, e buono. La cucina è espresso per cui bisogna aspettare anche mezzora. Le porzioni sono abbondanti e ci si può mangiare anche in due. Ieri sera ho provato l’alu gobi, cavolfiori e patate in salsa di curry, e garlic naan, pane indiano con aglio: piacevole e senza conseguenze gastriche notturne.

Costo: da 120 a 200 rupie, inclusa la mancia e una bottiglia di acqua filtrata da un litro che poi si può portare via. Niente alcolici perché i proprietari sono musulmani. L’altra sera sono arrivati quattro giapponesi con una cassa di birra. Li hanno cacciati via perché "Rules are rules!" (quindi non provateci). Col tempo il cameriere ti accoglie con un mezzo sorriso e se sei solo arriva ad offrirti una copia di un quotidiano per ingannare l’attesa.

giovedì 11 febbraio 2010

Ed è ancora giovedì!

Quarto giovedì, quarto giorno di vacanza piena. Ma la notizia che voglio riferire risale a ieri sera quando al termine dell’Adorazione le novizie ci hanno regalato un momento di letizia in occasione della concelebrazione della S. Messa per la partenza dei 38 sacerdoti che dopo 12 giorni a Calcutta torneranno alle proprie diocesi. All’uscita dalla cappella dove si trova la tomba della Beata Teresa di Calcutta, il vescovo e il sacerdoti sono stati accolti dalle novizie che danzando alla luce delle candele hanno intonato un canto di ringraziamento e di augurio.


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”Portate la luce con voi”. Al termine del canto, questo verso ha accompagnato la consegna delle candele a ciascun sacerdote, alcuni dei quali erano visibilmente commossi per la semplice bellezza e l’intensità del momento.


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E grande è stata la mia sorpresa e la mia gioia quando tornando in branda ho trovato una candela, dono di padre Donald, un sacerdote irlandese che condivide il dormitorio n. 9. Che regalo (e che impegno)!

mercoledì 10 febbraio 2010

Rajarhat – New Town

A est di Calcutta sta sorgendo la nuova Kolkata. Salt Lake City, un quartiere residenziale di lusso, e Science City, l’area universitaria e tecnologica, sono già realtà. Proseguendo ancora verso oriente, ecco New Town, ancora in costruzione anche se IBM e importanti banche hanno già trasferito qui la loro sede.

Per arrivarci si può prendere il taxi. In totale il percorso partendo dal centro è di 12-13 km (circa 45 minuti) per un costo di 150-200 rupie (a seconda della vostra capacità di trattare e del desiderio del tassista di allontanarsi dalla città). Altrimenti c’è l’autobus AS1 che parte dalla stazione della metropolitana di Rabindra Sadan e per 10 rupie vi scarrozza per un’ora e un quarto includendo un tour a Science City e Salt Lake City.

Lo scenario è proprio quello della città che scaccia la campagna. Mucche, bufale, maiali pascolano davanti a costruzioni moderne (potremmo chiamarli anche grattacieli in un momento di esaltazione) tutte a vetrate o con architetture “impegnate”. I dipendenti di qualificate aziende, in camicia bianca e badge pendente, pranzano privilegiando i baracchini in legno ai bar che invece sembrano deserti. Lunghe file di “palazzoni” ospitano i ricchi che si sono trasferiti dal caos cittadino (in effetti il silenzio e la mancanza del suono ininterrotto dei clacson è notevole), ben protetti da cancelli di ferro e da guardiani che addirittura vorrebbero impedirti di fotografare. C’è anche un abbozzo di centro commerciale che propone arredamenti per tutti i gusti (una camera da letto in legno massiccio viene via con 46.000 rupie, circa 720 euro) e un supermercato che offre anche prelibatezze occidentali, come pasta Granoro e Barilla, anche integrale, olio d’oliva Berio, olive, patatine Pringles, … Forse è per via di questi beni preziosi che all’ingresso si viene sottoposti ad una accurata perquisizione degli zaini che viene sigillato non prima di aver etichettato la macchina fotografica. Peccato non ne vendano!

New Town

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martedì 9 febbraio 2010

A metà del viaggio

Ho ricevuto alcuni messaggi (sempre graditi) in cui c’è preoccupazione per la fatica che traspare nei miei post. È vero, è faticoso. Lo sapevo e comunque sono venuto qui. A metà di questo viaggio mi sento di dire che la solitudine, la fatica e i momenti di sconforto divengono secondari, perdono d’importanza tentando di pregare e meditare. E la serenità e la pace, tanto desiderate, d’improvviso ti colgono come un abbraccio amorevole. Non c’è più solitudine, non c’è mai stata e ogni fatica trova ristoro.

domenica 7 febbraio 2010

sabato 6 febbraio 2010

Sabato pomeriggio

Pomeriggio. Disteso in branda tento di raccogliere i pensieri mentre ascolto musica. Incominciamo dalla notizia più recente, l’arrivo di due giovani americani. Così siamo in sei nel dormitorio numero 9. Al completo. Solo una settimana fa questo mi avrebbe regalato un momento (o una crisi?) d’ansia. In realtà spero di essermi abituato abbastanza bene alla convivenza. I due compagni inglesi hanno stabilito regole chiare per l’abbigliamento da camera: mutanda anche abbassata in vita. Tornando indietro di venticinque anni, mi ricorda la caserma di Firenze.

Proseguendo nelle riflessioni personali, a Nirmal Hriday sto cercando di vivere, di far mia l’offerta di un servizio dedicato agli altri, rinunciando e rifuggendo da ogni compiacenza personale. Salutare con un sorriso tutti i pazienti di cui incontri gli sguardi, anche quelli con cui non hai niente a che fare o che non ti stanno particolarmente simpatici. Medicare non solo le piaghe ma comprendere e partecipare al dolore, alla paura, alla rabbia di chi soffre. Penso sia importante stabilire un legame empatico, ascoltando e offrendo il massimo rispetto al dolore, cercando di farne capire la necessità. Ieri un giovane ragazzo (venti, venticinque anni non di più), probabilmente con un deficit mentale, che medico per una ferita al piede e che talora è difficile da controllare perché reagisce con forza al dolore, ieri quando mi son o seduto accanto a lui per salutarlo mi ha abbracciato e si è accoccolato a me. Siamo stati così per qualche tempo, come fratelli, come fosse mio figlio. Comprendo oggi con chiarezza che questa gente chiede in primo luogo rispetto e attenzione amorevole. Certo, sembra ovvio, scontato ma nella pratica quotidiana non sempre riesce a essere la prima (e unica?) ragione del servizio. Ricordo la scorsa volta, quando ero più preoccupato degli aspetti corporali e talora andavo spiccio (non fa poi così tanto male, è per il tuo bene e mi mancano ancora tante medicazioni). La domanda è “Che cosa posso fare per te, fratello?”. Se hai innanzitutto bisogno che io ascolti il tuo lamento in bengali, io ti ascolterò con attenzione prima di ogni cosa e cercherò di dimostrarti che comprendo la tua sofferenza fisica e soprattutto il tuo sconforto morale per quel tuo piede dove la gangrena si è portata via la pelle lasciandoti la carne viva che brucia. E devo cercare di convincerti che quella carne viva non ti deve spaventare: è un buon segno; se saremo capaci di evitare infezioni pulendola e disinfettandola ogni giorno, se tu sopporterai, se tu mangerai con vigore e non ti lascerai andare, se tu vorrai continuare a vivere con i mesi guarirai e potrai tornare a camminare con le stampelle o faremo di tutto per darti una carrozzella. Penso ai nostri ospedali attrezzati e iperspecializzati dove molto (troppo) spesso il paziente deve subire una vera e propria trasformazione da essere umano, unico e irriproducibile, in una sequenza ordinata di organi potenzialmente trapiantabili. E allora caro Jodu, siccome qui non sei davvero in un ospedale, è giusto che tu abbia diritto a essere considerato per il tuo essere uomo sofferente prima che un piede da medicare.

giovedì 4 febbraio 2010

Giorno 19 (mi pare)

Questa mattina a stento ho trattenuto l’emozione, … Un paziente sulla quarantina, sempre accigliato ma di un malumore bonario in grado di ricambiare un sorriso, con un brutto diabete che l’insulina fatica a tenere sotto controllo e la gamba destra gli sta andando in gangrena. È molto sofferente. Mi sono sentito impotente e inutile, incapace anche di consolarlo …”

Martedì, mentre stavo scrivendo queste parole, egli stava spirando. Quando il mattino successivo ho visto la sua branda vuota mi sono aggrappato alla speranza di un improbabile spostamento in un’altra parte di Kalighat. Speranza inutile e breve. Questa è stata la volontà del Signore e solo oggi, dopo aver sedato un sentimento di rifiuto, riconosco che bisogna assoggettarsi sempre alla Sua saggezza e alla Sua infinita carità.


Questa mattina S. Messa con i 35 preti che sono venuti qui da ogni parte del mondo (è grazie a loro che ho dovuto cedere la mia stanzetta… pazienza!). Fra loro un italiano di Quartu Sant’Elena e molti spagnoli che sembravano italiani. Viaggiano da ieri in gruppi di 5 e visitano le diverse case. A Kalighat hanno lavato piatti e steso indumenti superando con ammirevole semplicità l’imbarazzo iniziale.

Oggi invece giornata di vacanza. E allora mi sono dedicato a qualche lavoro casalingo (c’è sempre qualcuno che mi pensa anche qui in India e così ho potuto trascorrere una buona mattinata leggendo e scrivendo… di riposo). Pomeriggio? Avventure in centro!

mercoledì 3 febbraio 2010

Immagini di strada

Alcune fotografie scattate andando dall’Howrah bridge a BBD Bagh (il centro commerciale di Calcutta che prende il nome da tre martiri del Bengala: Benoy, Badal e Dinesh Bagh) per arrivare alla stazione delle corriere all’Esplanade e poi congiungersi al gregge di capre in Sudder Street

Da notare il trasporto del pollame su due ruote con appesi tre cespugli di polli candidati al chicken masala o tandori.

Trasporto pollame

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lunedì 1 febbraio 2010

Domenica (15° giorno)

Mi scrivono che qui sembra tutto sia molto faticoso. La mia reale fatica è la solitudine non per mancanza di compagnia ma per mancanza di punti di riferimento. Ma lasciare la propria rete, i propri "punti fermi", le proprie sicurezze si sta rivelando la novità più stimolante (e faticosa) di questo viaggio.

Dopo il servizio a Nirmal Hriday, insieme ad un altro volontario italiano abbiamo fatto un giro al Maidan Park, dove ho ritrovato le innumerevoli partite di cricket, ho notato come la passione per il calcio stia crescendo, almeno a giudicare dall’impegno di numerosi giocatori su diversi campetti improvvisati. E poi quadretti familiari sullo sfondo del Victoria Memorial e i bambini che giocano con gli aquiloni.

Da ultimo, in programmazione dal 21 gennaio al cinema Elite (e in altre sale), Veer l'epica storia d’amore di un guerriero.

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