domenica 31 maggio 2009
Domenica mattina (piacevole ricordo)
venerdì 29 maggio 2009
Un nuovo venerdì
Ecco, questa mattina mi è parso lampante che questo è, come sempre, un gran giorno.
domenica 24 maggio 2009
Spesso la via d'uscita è giusto poco più in là
mercoledì 20 maggio 2009
Il prezzo della bellezza
domenica 10 maggio 2009
giovedì 7 maggio 2009
lunedì 4 maggio 2009
Cunto de li cunti
Testualmente il “Racconto dei Racconti”. Una raccolta di fiabe e storie di Giambattista Basile che visse a Napoli a cavallo fra il ‘500 e il ‘600. Cinquantatre racconti suddivisi in cinque giornate per un totale di seicento pagine. Un libro assolutamente piacevole da leggere nonostante la difficoltà della traduzione dal napoletano all’italiano, (un traduttore fu nientepopodimeno che Benedetto Croce), irta di note e di rimandi come fosse l’Iliade o l’Odissea (appunto). Con lo scorrere delle pagine prendono vita fate e streghe, re e poverelli, bellissime donne e “vecchiarelle che erano il riassunto delle disgrazie, il protocollo degli sconci, il libro mastro della bruttezza”, orchi e animali parlanti, personaggi unici come Petrosinella, Sapia, il Gran Turco, Cannetella, Zeza e altri che ti riportano con delicatezza alle fantasie e alla meraviglia, facendoti capire (senza alcun riprovero) che il bisogno di racconti ripetitivi e rassicuranti non si è mai sopito. Ogni storia termina con la sua morale. “L’invidia, figliuol mio, se stessa buca”. “Barca storta va dritto al porto” e così via.
E poi si scoprono espressioni volgari (del popolo, non quelle dei reality show). Una su tutte, come esempio: “dottore di urine” e “dottore di piaga”, rispettivamente medico di medicina generale e chirurgo. Un gran bel libro, edito da Adelphi, da tenere sul comodino per rispolverare una storia, ogni tanto, quando se ne sente il bisogno.
venerdì 1 maggio 2009
La festa dei lavoratori
Ruota posteriore a terra. Inesorabilmente. E allora via a piedi. L’ascolto dei versi di Gianmaria Testa è più attento ed è possibile cogliere sfumature e passaggi che scivolano via con la fretta.
Appena svoltato alla rotonda, ecco i nuovi slogan elettorali, tutti in fila, con gli stessi volti e le stesse lusinghe riverniciate per l’occasione. Il candidato assenteista ripresenta puntuale il suo sorriso smagliante, franco, contadino. Quest’anno la novità fra i candidati sono il re di ballando sotto le stelle e le veline, varianti della pornostar che per prima varcò le soglie del Parlamento (sempre con la P maiuscola). Passerà anche questa e allora è meglio puntare spediti verso il Lambro.
Andando a piedi si possono sperimentare percorsi diversi, sentieri difficilmente percorribili in bicicletta. Le scarpe si lordano di fango e poi si puliscono nella rugiada, che impercettibile ti bagna fino a inzupparti dopo pochi metri. Il Lambro è uscito negli scorsi giorni. Si vedono chiare le tracce della violenza dell’acqua: alberelli sradicati, sottobosco piegato in direzione del flusso dell’acqua, il verde brillante delle foglie di primavera sporcato dalla sabbia e da rifiuti restituiti dalla piena.
Là alla cascatella la violenza dell’acqua è ancora evidente, per nulla sedata dalla giornata di sole pieno; più ti avvicini al bordo del fiume più viene a mancare l’usuale quanto superficiale sentimento della tua dominanza (ereditaria) di uomo sulla natura; e così l’arroganza cede al timore. Meglio essere prudenti e stare attenti a non scivolare. Un paio d’anni fa, l’ultima volta che il Lambro è uscito, un uomo che stava a guardare è caduto dentro e non l’hanno più ritrovato. (Comunque sarà bene che il fiume torni a languire come suo solito. Non faccia il gradasso altrimenti mille bulldozer lo seppelliranno; così tanto per far capire chi comanda.)
Fine del giro. Tornando a piedi anche le scorciatoie sono più lunghe. C’è più tempo per guardare, osservare. Addirittura si possono formulare dei pensieri (ma se sei arrivato a leggere fino questo punto converrai che è bene domandarsi se ne vale la pena).