Testualmente il “Racconto dei Racconti”. Una raccolta di fiabe e storie di Giambattista Basile che visse a Napoli a cavallo fra il ‘500 e il ‘600. Cinquantatre racconti suddivisi in cinque giornate per un totale di seicento pagine. Un libro assolutamente piacevole da leggere nonostante la difficoltà della traduzione dal napoletano all’italiano, (un traduttore fu nientepopodimeno che Benedetto Croce), irta di note e di rimandi come fosse l’Iliade o l’Odissea (appunto). Con lo scorrere delle pagine prendono vita fate e streghe, re e poverelli, bellissime donne e “vecchiarelle che erano il riassunto delle disgrazie, il protocollo degli sconci, il libro mastro della bruttezza”, orchi e animali parlanti, personaggi unici come Petrosinella, Sapia, il Gran Turco, Cannetella, Zeza e altri che ti riportano con delicatezza alle fantasie e alla meraviglia, facendoti capire (senza alcun riprovero) che il bisogno di racconti ripetitivi e rassicuranti non si è mai sopito. Ogni storia termina con la sua morale. “L’invidia, figliuol mio, se stessa buca”. “Barca storta va dritto al porto” e così via.
E poi si scoprono espressioni volgari (del popolo, non quelle dei reality show). Una su tutte, come esempio: “dottore di urine” e “dottore di piaga”, rispettivamente medico di medicina generale e chirurgo. Un gran bel libro, edito da Adelphi, da tenere sul comodino per rispolverare una storia, ogni tanto, quando se ne sente il bisogno.
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