domenica 16 novembre 2008

Alla fine sono arrivato. Alle 3 di notte ho subito riconosciuto l'odore della città, il caldo umido, le zanzare, lo smog visibile alla luce dei fari delle automobili. Non c'erano i corvi ad accogliermi: troppo presto. Ne ho visto un gruppetto che si spartiva un succulento ratto di 30-35 centimetri, vittima del traffico.
Monica House certo non è il Lytton. Si trova nel complesso della chiesa di St. James. E' in ristrutturazione e quindi un assonnato Bobby mi accompagna in una dependance (diamole un tono) con un sano profumo di disinfettante ospedaliero.



Mi invita a coricarmi in una stanza con 6 brande. Sarei solo. Anche alla luce tenue il materasso mi pare inaccettabile. Mi faccio forza e impongo di accedere alla stanza provvisoriamente definitiva, a costo di svegliare Christian. Busso e un meraviglioso accento veneto mi accoglie. Inizia così questo soggiorno. Due brande in 15 metri quadri, con bagno annesso e doccia solo ad acqua fredda. Provvisoria perché è previsto di tornare a Monica House non appena terminano i lavori, definitiva perché i lavori sono molto a rilento.

Alle sei e mezza di nuovo in piedi con l'assordante, familiare crocidare dei corvi a cui si uniscono i latrati dei cani e il canto del gallo (che non poteva mancare). Colazione con the bollente nero e pane tostato. Poi corriera 45B per Kalighat.
L'effetto rientro è meno intenso del previsto. Pare non siano trascorsi più di otto mesi. Mi oriento subito. Due ospiti mi riconoscono e mi salutano. L'hanno scampata. Uno mi abbraccia. Sister Amila mi da il suo benvenuto e si comincia. Sono un po' arrugginito e ho la sensazione di trovarmi in un area confusa fra il ricordo e la realtà. Mi accorgo che lo sguardo cerca i segni e i volti che ho lasciato. Probabilmente è questione di tempo, un residuo del primo giorno e passerà presto.

Alla Messa delle 10:00 si parla di talenti di mettere a frutto. Speriamo sia di buon auspicio.

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