Due riflessioni da condividere
Prima: ogni sentimento di insoddisfazione è spesso ingiustificato, improprio e può nascondere un bisogno di compiacimento (“ho fatto questo e quest’altro e tutti mi guardavano ammirati”). La domanda è: hai svolto il compito che ti è stato chiesto? Se hai dato da mangiare ad un paziente e l’hai fatto anche sorridere, se dopo aver tribolato sei riuscito a sopportare il malumore altrui resistendo alla tentazione di dire “Basta, me ne vado via!” non sta a te giudicare la grandezza e l’importanza di questi incarichi dove la tua opera, per misera sia stata, è in favore del tuo prossimo. Insomma, prega non con le parole ma con i fatti, come incita Madre Teresa. E prega bene.
Seconda riflessione. Ancora la domanda perché sono qui. Leggendo un canto sull’apostolato mi hanno colpito dei versi che pressappoco recitavano: “devi lasciare la tua rete, devi abbandonare il tuo nido, le persone che ti sono care e camminare nella sabbia e nelle rocce del deserto per mettere a nudo la tua debolezza. E allora potrai lasciarti guidare dal Signore sulla strada che ha designato per te”. Ecco, qui a Calcutta, nonostante i volontari, internet che ti permette di vedere per qualche minuto i tuoi cari, qui a Calcutta sei solo e il caos che ti circonda ti isola ancora di più. E qui puoi imparare ad accettare la tua debolezza e chiedere con sincerità aiuto.
Nessun commento:
Posta un commento