Non raramente qualcuno domanda se davvero muoiono i più poveri fra i poveri che sono ricoverati alla Casa dei Moribondi. È una domanda sincera, non necessariamente maliziosa, che ci si può porre osservando con superficialità all’immagine di cinquanta e più persone, sdraiate o sedute sulle solo brande disposte in tre file. Ci si aspetterebbe di vedere tutte persone in bilico fra la vita e la morte e invece la maggior parte di loro tutto sommato sembra stare bene. Insomma, altro che moribondi!
I più poveri fra i poveri vengono raccolti nelle strade e nelle stazioni, abbandonati da tutti. A Kalighat vengono lavati, rasati, vestiti, riscaldati, nutriti, medicati. Erano “morti” per la società e viene ridata loro una dignità.
La morte, quella fisica, è sempre presente. Basta poco. Questa mattina un paziente è spirato dopo aver finito il suo bicchiere di chai. Così, in silenzio. Dopo averlo adagiato nella barella di alluminio e averlo avvolto nel telo, durante il breve tragitto verso la camera mortuaria mi sono domandato chi fosse, quale fosse la sua storia. Non lo so. Un signor Nessuno che domani verrà accompagnato al crematorio comunale per tornare cenere. Dopo pochi minuti la sua branda era già occupata da un altro paziente. Il vuoto fisico era già scomparso cancellando ogni traccia dell’esistenza di un uomo.
“Beati voi, che siete poveri, perché vostro è il regno di Dio”.
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