lunedì 11 febbraio 2008

7 Febbraio – Lebbrosario Gandhiji Prem Nivas (Titagarh)


Partenza dalla Casa Madre alle 7:30 in autobus fino alla stazione ferroviaria di Sealdah, a nord di Kolkata. Poi 40 minuti di treno per arrivare a Titagarh, dove a pochi passi dalla stazione si trova il lebbrosario fondato da Madre Teresa nel 1958. Oggi è gestito da cinque Fratelli Missionari della Carità. Brother Rajn, 41 anni e da cinque al lebbrosario, ci accoglie e ci guida alla visita del centro, situato ai due lati dei binari della ferrovia.
La missione del centro non è solo di curare la lebbra nei 4 reparti maschili e nei 2 femminili ma è quella di dare un lavoro compatibile con le menomazioni irreversibili della malattia. C'è un ambulatorio per la riabilitazione, uno per la cura dei malati esterni e aree di lavoro dove decine di lebbrosi tessono, - qui viene prodotta la tela bianca con le tre strisce azzurre della tonaca delle Sister -, e fabbricano le calzature con suole di gomma naturale che proteggono le piante dei piedi rese insensibili dalle piaghe rimarginate. Ci sono poi i campi di frutta, montoni, pesci, maiali, galline che provvedono al cibo della comunità o che vengono venduti.
Oggi la priorità è quella di trattare il più precocemente possibile la malattia. Quindi sono necessarie informazione e diagnosi precoci. In questo modo si evitano le menomazioni e si permette agli ex-lebbrosi di costruirsi una famiglia e di essere accettati dalla società.
All'inizio è stato imbarazzante visitare i reparti. Mi domandavo se non fosse una visita allo zoo. Fratello Rajn ci aveva detto che i lebbrosi sono ostili e ne hanno ragione visto il destino che ha loro riservato la vita. Poi ho incominciato a rispondere ai saluti, congiungendo le mani sulla fronte. “Namaste”, “Namaskar”, un semplice ciao cercando di non dimenticare nessuno. Ecco “non dimenticare” che esistono i lebbrosi, “cancellare” la comoda quanto superficiale idea che per la lebbra bastino i farmaci, “comprendere” quanto sia dura la loro esistenza, “alleviare” i loro risentimento dando un posto nella società e “pregare” per lenire questa sofferenza che non si vuole vedere.
E per finire la scuola: una classe si una ventina di bimbi dai 4 ai 10 anni che ci hanno accolto cantando Fra Martino campanaro. I loro candore, la luce dei loro sguardi, il timore dei loro volti nel vedere noi stranieri e la gioia dei loro sorrisi sono emersi con vigore incredibile travolgendo l'amarezza delle traversie della vita. Dio li benedica!

Fratello Rajn è qui da cinque anni. Mi ha detto che deve essere contento ogni giorno per affrontare con semplicità i problemi quotidiani. “Solo chi è semplice è efficace e può essere di aiuto”. Non è facile sfuggire all'agguato dello sconforto. Occorre rinnovare sempre la propria scelta di fede, di non essere soli e di essere strumenti.
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